Video e foto prodotti: il ruolo chiave in PDP e cataloghi

Video e foto prodotti: il ruolo chiave in PDP e cataloghi

Video e foto prodotti: il ruolo chiave in PDP e cataloghi

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In una vetrina digitale poche cose contano come video e foto prodotti. Perché? E come si fa ad avere la certezza che i cataloghi siano popolati da asset digitali di valore e performanti?

La correlazione tra media di qualità e conversioni

Quando si parla di cataloghi, sia nell’accezione più tradizionale del termine (cartacei o PDP) che in quella più attuale (PDP e PLP di siti e-commerce e marketplace), il minimo comune denominatore è il contenuto multimediale.

Ciò è in particolare vero online, dove le foto prodotti sono il faro che guida la customer journey per 3 acquirenti su 4 (Weebly). Nel web, il 60% degli acquirenti considera la qualità delle immagini il fattore più importante nelle loro decisioni d’acquisto (DeepImage).

Anche le clip fanno la differenza: la presenza di video di prodotto, infatti, può aumentare le conversioni di PDP e landing page dell’80% (Renderforest).

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Shooting prodotti: fotografo freelance o agenzia?

L’impatto di video e foto degli articoli sul business online rende centrale il ruolo dello shooting prodotti, processo con cui si realizzano i contenuti multimediali che rappresentano l’assortimento.

Una delle decisioni chiave, in particolare, è quella relativa all’affidamento dello shooting prodotti a un fotografo freelance o a un’agenzia professionale

Per piccoli progetti o campagne una tantum, la flessibilità – così come la personalità – di un fotografo freelance possono essere ottime alleate. Nel caso specifico di video e foto prodotti per PDP e cataloghi, però, è l’agenzia a rivelarsi l’unica soluzione valida.

5 motivi per affidare uno shooting prodotti a un’agenzia professionale

1. Approccio consulenziale

Affidando lo shooting prodotti a un’agenzia, lo scatto fotografico è il risultato di un flusso di lavoro che, sin dal brief, prevede il coinvolgimento di diverse figure professionali con esperienze multi-settoriali.

2. Qualità costante

Un’agenzia, specie se strutturata, dispone di set dedicati e replica in modo rapido le condizioni di shooting stabilite nel brief, anche in momenti diversi.

Ciò consente di realizzare foto e video di qualità costante e con caratteristiche coerenti nel tempo.

3. Mix di creatività e competenza

Il team di un’agenzia lavora ogni giorno su molteplici progetti, recependo insights sui trend del momento e sull’efficacia in termini di conversioni di determinate tipologie di scatti, capitalizzandoli nei nuovi brief in ottica di miglioramento continuo.

4. Zero costi sommersi

Il preventivo di uno shooting prodotti fornito da un’agenzia professionale include molto più che lo scatto in senso stretto.

Luci, attrezzature, spazi, post-produzione, velocità, oltre ai già citati know-how, sono risorse necessarie per video e foto prodotti di qualità; la cui assenza, può presentare conti salati in termini di customer experience.

O, spesso, nel caso di shooting realizzati da fotografi freelance, comparire solo in un secondo momento, un po’ come un iceberg quando la navigazione procede per il meglio.

5. Servizi aggiuntivi

A differenza di un fotografo freelance, un’agenzia va oltre le foto prodotti. Noi di WARDA, ad esempio, siamo partner di 1PHOTO, shooting agency con un’esperienza ventennale nel fashion & luxury.

Insieme, offriamo la soluzione completa per la gestione del catalogo prodotti, amplificando la qualità e l’efficienza dell’intero flusso di catalog management. 

1PHOTO & SeeCommerce: la soluzione completa per i tuoi cataloghi

L’obiettivo della nostra partnership con 1PHOTO è offrire ai brand più virtuosi una soluzione unica per creare, gestire e propagare i cataloghi.

I video e le foto prodotti ad altissima qualità realizzate da 1PHOTO, combinate alle prestazioni di Product eXperience Management di SeeCommerce, moltiplicano le performance di vendita su ogni canale digitale, elevando il ROI di qualsiasi PDP.

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Come funziona il flusso di video e foto prodotti 1PHOTO-SeeCommerce?

Una volta definito il brief, gli articoli – anche in più lotti di piccole dimensioni – vengono spediti ai professionisti di 1PHOTO che, dopo un controllo dei prodotti, realizzano video e foto prodotti in uno dei 20 set dedicati, negli studi fotografici di oltre 2.000 m2.

Il flusso di shooting e post-produzione è rodato: dopo la ricezione degli articoli, in pochissimo tempo i media vengono condivisi con il cliente e, in automatico, caricati nelle viste dei prodotti presenti nei cataloghi gestiti in SeeCommerce.

Dal nostro PXM ai touchpoint B2B e B2C, il passo è breve. Anzi, istantaneo, grazie alle API che connettono SeeCommerce ai marketplace e ai CMS degli e-commerce.

Senza dimenticare dei Brand Portal gestiti nativamente all’interno del nostro PXM: portali web 100% personalizzabili che rendono immediato lo scambio di media e dati di prodotto con qualsiasi stakeholder (come partner, sales e PR).

Benefici di una soluzione unica per gestire i cataloghi

Scegliere un flusso end to end di catalog management, significa moltiplicare sia i benefici derivanti da PDP con media di qualità che da cataloghi creati e propagati automaticamente.

Insieme, infatti, un PXM software e un’agenzia professionale di shooting di video e foto prodotti consentono di:

 

  • abbattere il time to market: minimizzando il lavoro manuale di varie attività, come la realizzazione, l’organizzazione e il caricamento online di video e foto dei prodotti o l’arricchimento e la traduzione delle schede prodotto

 

  • ridurre il numero di resi: grazie a PDP ricche sia di contenuti multimediali accurati oltre che di dati precisi, multi-lingua e coerenti in ogni touchpoint

 

  • elevare la customer experience: grazie a media di qualità e ottimizzati per rendere impeccabile ogni sessione web, potenziando le prestazioni SEO grazie a siti ed e-commerce leggeri e completi di ogni informazione necessaria.

Lascia che ti sveliamo le potenzialità del tuo flusso di gestione cataloghi

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Valuteremo insieme il flusso di gestione di dati, video e foto prodotti della tua azienda, ragionando su eventuali margini di miglioramento derivanti da un’ottimizzazione del flusso di gestione dei cataloghi: dallo shooting alla PDP.

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Product Syndication: cos’è e come funziona

Product Syndication: cos’è e come funziona

Product Syndication: cos’è e come funziona

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Nell’era dell’omnicanalità, la Product Syndication è un’alleata fondamentale in ottica di customer experience e time to market. In questo articolo analizziamo cos’è e come funziona.

Cosa si intende per Product Syndication

Product Content Syndication (acronimo di PCS) – o più brevemente Product Syndication – è il termine con cui si indica il flusso digitale automatizzato con il quale un’azienda distribuisce media e informazioni di prodotto di qualità verso i canali di marketing e di vendita. 

L’obiettivo della Product Content Syndication

Il processo di Product Content Syndication – supportato da software di Product eXperience Management come SeeCommerce – consente di aggiornare in automatico PDP e PLP dei cataloghi presenti sui vari touchpoint del brand.

Benefici offerti dalla Syndication di prodotto

La propagazione automatica di contenuti e dati è preziosa per ridurre il lavoro manuale di aggiornamento dei cataloghi prodotti, accorciando il time to market in modo rilevante, soprattutto nei casi di assortimenti ampi e con rotazioni frequenti.

I benefici riguardano anche la CX: come vedremo a breve, grazie a trasformazioni dinamiche, gli attributi di immagini e video vengono adattati in automatico ai vari touchpoint, garantendo a ogni utente una fruizione multi-canale sempre ottimale.

Una trasformazione che, a sua volta, si riflette anche sulle performance SEO globali e sulle prestazioni in ottica Web Core Vitals di siti web ed e-commerce. 

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Il ruolo dei software PXM nella Product Syndication

Orientata ai cataloghi dei vari touchpoint, la Product Syndication riguarda soprattutto due anime del patrimonio aziendale: dati e contenuti di prodotto.

Ecco perché un PXM software è la soluzione perfetta per supportare questo processo; a differenza di PIM e DAM, infatti, un tool di Product eXperience Management permette di governare informazioni e media di prodotto da un’unica soluzione, semplificando lo stack IT.

Di seguito le principali funzionalità di un software PXM a supporto della Product Syndication.

Media & data ingestion

La centralizzazione di contenuti multimediali e informazioni relative ai cataloghi è il primo step propedeutico alla Product Syndication.

SeeCommerce, ad esempio, grazie ad API semplici da implementare, dialoga efficacemente con tool come ERP, MDM e PLM, e supporta import massivi di ogni formato di file e dati. 

Naming convention

Un software PXM dotato di funzionalità di naming convention segna una netta differenza rispetto all’approccio tradizionale “a silos” dei software di Digital Asset Management e Product Information Management.

Una volta centralizzato il patrimonio informativo, infatti, la naming convention associa automaticamente a ogni contenuto multimediale tutti i dati relativi ai prodotti che rappresenta.

SeeCommerce, ad esempio, sulla base di regole e nomenclature configurabili, legge il nome del file e riconosce il prodotto a cui il media viene associato in automatico, abbattendo il lavoro manuale.

Data quality & data transformation

Sempre sulla base di regole configurabili, inoltre, un software PXM trasforma le informazioni centralizzate, arricchendo un prodotto senza che occorra alcuna attività manuale.

Ad esempio, a partire dal codice prodotto, SeeCommerce può desumere numerose informazioni come colore, dimensioni, paese d’origine di produzione, evitando che debbano essere inserite tramite data-entry dispendiosi necessari in ottica di data quality e data transformation.

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Automatic look generation

La Product Syndication può – anzi, dovrebbe – essere molto più che un semplice flusso a cascata di dati e media verso i canali finali. I migliori PXM, tra cui SeeCommerce, permettono di rendere automatica la creazione di look o bundle, molto utili in settori come fashion, food e manifatturiero.

Sulla base di uno o più attributi, il nostro Product eXperience Manager genera automaticamente combinazioni di prodotti preziose per suggerire ai clienti uno o più articoli correlati sui vari touchpoint, favorendo up e cross-selling.

Categorizzazione automatica dei prodotti

Una delle funzionalità più apprezzate di SeeCommerce, sempre in ottica di Product Syndication, è relativa alla categorizzazione automatica dei prodotti.

Sulla base degli attributi di un prodotto e di regole flessibili, il nostro PXM associa ogni articolo a categorie differenti all’interno di brand portal, e-shop e marketplace in cui il brand è presente, dando vita a cataloghi differenziati automaticamente in base ai touchpoint.

Product Feed Management & Media Delivery

In soldoni, la Product Syndication è costituita da due flussi che, nell’approccio di tipo PXM, sono strettamente connessi: il Product Feed Management & Product Media Delivery.

SeeCommerce, in particolare, è dotato di API rapide e semplici da implementare, che garantiscono una propagazione costante ed efficace dei contenuti, da monte a valle, resa particolarmente performante dalla CDN e dalle funzionalità di Dynamic Media Transformation. 

Content Delivery Network

SeeCommerce sfrutta la rete di distribuzione dei contenuti di Amazon (AWS CloudFront) per propagare foto e video di ogni formato alle massime prestazioni, a prescindere dai picchi di traffico di un touchpoint web e dalla posizione geografica dalla quale gli utenti navigano.

Dynamic Media Transformation

Ultima ma non ultima, un’altra funzionalità di SeeCommerce cruciale in ottica di Product Syndication è la Dynamic Media Transformation.

La nostra piattaforma, infatti, adatta in modo dinamico vari attributi di immagini o clipcome il formato, le dimensioni, l’aspect ratio o il colore di sfondo, abbattendo il lavoro manuale altrimenti necessario per ottimizzare ogni asset digitale rispetto alle specifiche richieste dei singoli canali.

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Che ne dici di vedere la Product Syndication all’opera?

Se vuoi approfondire tutte le funzionalità e le potenzialità della syndication di dati e media di prodotti, oltre a scoprire le best practice per il tuo settore di riferimento clicca sul tasto qui sotto: organizzeremo una breve demo per rispondere a tutte le tue curiosità!

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PIM eCommerce: 8 segnali che ti serve davvero

PIM eCommerce: 8 segnali che ti serve davvero

PIM eCommerce: 8 segnali che ti serve davvero

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PIM ed eCommerce, un connubio che spesso rappresenta una combinazione preziosa per raggiungere gli obiettivi di business mantenendo livelli di produttività elevati. Ecco quando!

PIM eCommerce: il ruolo del Product Information Management

In questo blog abbiamo parlato a più riprese di Product Information Management, mettendo anche a confronto software PIM, PXM e DAM. In questo articolo analizzeremo i principali segnali che indicano l’esigenza di adottare un software PIM.  

#1 Dati di prodotto sparsi

275. Seppur in calo, il numero medio di software presenti negli ecosistemi digitali delle aziende (Zylo) è molto alto e spesso genera un’elevata frammentazione delle informazioni.

In ottica PIM eCommerce, ciò si traduce in un’entropia generalizzata di fogli di calcolo, e-mail e note di vario tipo. Tipico contesto in cui – per popolare catalogo prodotti, PDP e PLP – serve molto tempo, si rischiano ritardi e non si ha mai la certezza che i dati siano corretti.

#2 Schede prodotto incoerenti

Un altro segnale che occorre una soluzione digitale per gestire i dati di prodotto.

Specie in contesti multi-canale, la gestione manuale delle informazioni (tramite data-entry o import/export) può facilmente dare vita a incongruenze, derivanti dal disallineamento di contenuti che rappresentano un medesimo prodotto in differenti touchpoint.

Fenomeno di cui ben 3 clienti su 4 si accorgono e che può alimentare resi o penalizzare la CX.

#3 Aggiornare i canali porta via molto tempo

Un altro mal di pancia ricorrente risolto dal binomio PIM eCommerce è relativo all’aggiornamento di dati, descrizioni e contenuti multimediali relativi ai prodotti, specie nei contesti in cui gli articoli ruotano spesso e sono soggetti a stagionalità, come nel caso di Grünland.

Grünland PIM & DAM Digital Ecosystem

#4 Schede prodotto incomplete

Per l’87% di chi acquista online la ricchezza informativa di una scheda prodotto è cruciale per prendere decisioni d’acquisto.

Esigenza che spesso stride nei contesti in cui l’assortimento è ampio e il tempo per generare, aggiornare e pubblicare descrizioni e contenuti multimediali è limitato, spingendo le aziende a una scelta tra il lancio di cataloghi in ritardo o a PDP parzialmente popolate.

#5 Gestire le traduzioni è molto oneroso

Nei casi in cui il business si sviluppi in più mercati geografici, anche tradurre le informazioni di prodotto è una questione che può rivelarsi annosa e cruciale in ottica di PIM eCommerce.

Senza una gestione centralizzata del processo, tradurre i dati può richiedere molto tempo e avvenire tramite ore e ore di lavoro manuale su molteplici fogli di lavoro, favorendo la proliferazione di disallineamenti e richiedendo, una volta completata la traduzione, ulteriori attività di caricamento.  

#6 Scalare su nuovi marketplace è complesso

Un approccio omnicanale, per quanto essenziale per il business, richiede sforzi di adattamento operativi importanti ai team marketing ed e-commerce delle aziende. 

Ogni marketplace, ad esempio, categorizza i prodotti in modo diverso, così come sono diverse le specifiche relativi ai contenuti multimediali (come colore di sfondo, dimensioni e proporzioni di immagini e video).

In assenza di un approccio digitale strutturato di catalog management, approdare su nuovi touchpoint può diventare una sfida molto complessa.  

Campagnolo Digital MarTech Ecosystem wSeeCommerce

#7 Assenza di controllo di versioni e revisioni

Un altro valido motivo per considerare una soluzione PIM per l’eCommerce è relativo al controllo. Nelle aziende di medie dimensioni, infatti, le persone e i team che arricchiscono il bagaglio informativo di prodotto sono numerosi.

Senza un tool per centralizzare e arricchire i prodotti, tracciare chi ha fatto cosa e, se serve, accedere alla versione precedente di un contenuto è nel migliore dei casi… molto difficile.   

#8 Assenza di controllo di versioni e revisioni

A parità di contenuto testuale, le pagine web che contengono un contenuto multimediale come un video hanno una probabilità dell’80% in più di convertire.

In questi casi, senza soluzioni digitali adeguate (su tutte, i software PXM, ancor più che i PIM) l’approvazione e la condivisione dei contenuti rischiano di rallentare a causa di continui scambi destrutturati tramite tool di file sharing (WeTransfer, Dropbox, e così via).  

PIM eCommerce… o software PXM?

Hai ritrovato la tua azienda in queste righe? Ci fa piacere, perché quelle che hai letto sono alcune delle sfide che noi di WARDA abbiamo aiutato a far superare ai nostri clienti.

Come? Con SeeCommerce, il nostro software PXM che evolve il tradizionale approccio PIM, spostando il focus dalla gestione del singolo dato a quella dei cataloghi del brand.

Vuoi fissare una demo senza impegno per scoprire dal vivo come funziona? Clicca qui!

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Digital Asset Management (DAM): cos’è e quando serve

Digital Asset Management (DAM): cos’è e quando serve

Digital Asset Management (DAM): cos’è e quando serve

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Per cosa sta l’acronimo DAM (Digital Asset Management)? Che cosa significa gestire gli asset digitali? Come una piattaforma software DAM può fare la differenza? 

Digital Asset Management: cosa significa l’acronimo DAM

La gestione degli asset digitali (Digital Asset Management) è il termine ombrello che racchiude al suo interno l’insieme di attività aziendali relative ai contenuti multimediali.

In particolare, per asset digitali si intendono foto, video, audio e documenti; la loro gestione include flussi creativi, approvativi, organizzativi e distributivi (verso canali e stakeholder).

A cosa serve la gestione degli asset digitali

Con strategie di posizionamento, promozione e vendita sempre più orientate al web, ormai da tempo i brand hanno affermato la loro presenza online su molteplici canali, come account social, siti ed e-commerce proprietari, marketplace B2C e B2B, portali fornitori o app clienti.

Questi touchpoint sono accomunati dalla presenza di asset digitali.

Scatti fotografici di qualità, video emozionali ma anche manuali d’uso o branded podcast, consentono alle persone di ottenere informazioni, interagire tra loro, fare acquisti consapevoli.

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Gestire gli asset digitali permette di accelerare i processi interni di creazione, approvazione e condivisione, oltre che garantire una diffusione coerente e capillare di media di qualità verso l’esterno.

In estrema sintesi, governando i digital assets si elevano la produttività interna e la qualità della Customer eXperience di ogni utente.

Funzionalità di un software DAM, Digital Asset Management

La gestione degli asset digitali (Digital Asset Management), specialmente in contesti aziendali mediamente strutturati, viene affidata a tool chiamati DAM software.

Si tratta di soluzioni tipicamente cloud erogate in modalità Software as a Service (SaaS), che tra le principali funzionalità permettono di:

  • accelerare la creazione e l’approvazione dei contenuti: grazie all’assegnazione scadenzata di task creativi e di revisione a designer, fotografi e marketer, alla costruzione di flussi approvativi e al monitoraggio dei workflow;
  • organizzare gli asset digitali: archiviando la versione più aggiornata e quelle precedenti all’interno di spazi (es. cartelle) accessibili in modo controllato, tramite ruoli e permessi pre-configurati (Digital Rights Management)
  • distribuire online media aggiornati: in modo che ogni canale web sia allineato.

Team e settori che beneficiano di un software DAM

Va da sé: di un hub di contenuti multimediali beneficiano tutti i dipartimenti aziendali.

Considerata tuttavia la portata di processi quotidiani (di branding e di sales) in cui offre il proprio supporto, sicuramente l’area marketing e il team di vendita sono solitamente i gruppi di lavoro che più traggono vantaggi da una soluzione di Digital Asset Management.

Li seguono, a ruota, l’area IT – alla quale viene garantita una maggiore sicurezza del patrimonio informativo aziendale – e l’area Prodotto, con uno spazio in cui indicizzare e condividere bozzetti, prototipi e rendering.

In termini di settori, premesso che un software DAM offre benefici trasversali, è molto apprezzato da aziende dei mondi fashion & luxury, beauty, retail, arredo & design oltre a quello manifatturiero.

Vantaggi garantiti dal Digital Asset Management

Una strategia (e un software) di Digital Asset Management garantisce numerosi vantaggi:

  • è fonte di verità: un tool DAM centralizza asset digitali sparsi abbattendo il tempo di ricerca di contenuti (grazie anche ai metadati, che ne ampliano la portata informativa) e offrendo sempre certezza di reperire la versione più aggiornata
  • time to market: in un DAM i flussi di lavoro convergono e, molti di essi, vengono automatizzati, accorciando la filiera del contenuto e, di riflesso, abbattendo il tempo necessario per creare e distribuire catalogo prodotti, PDP e PLP
  • brand consistency: un DAM software garantisce che ogni stakeholder (PR, agenzie, utenti web, follower social, clienti B2B, partner commerciali, …) venga raggiunto dalla versione perfetta (e coerente in termini di brand image) di un file.

Si tratta di benefici tangibili per le aziende, come testimonia il continuo incremento del settore del Digital Asset Management e dei software DAM.

Dati sul mercato dei DAM software

Il ruolo strategico del Digital Asset Management è confermato dall’incessante crescita annuale del mercato globale dei DAM software. 

Il fatturato generato dal Digital Asset Management nel 2024 ha superato i 4,5 miliardi di dollari (erano 3,9 nel 2023); stando alle previsioni, nel 2032, sarà 16,1.

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Numeri a parte, la tendenza è più che comprensibile considerati – oltre ai dati citati in apertura – un paio di fattori strettamente connessi al Digital Asset Management.

In primis, l’inarrestabile trasformazione digitale delle aziende a caccia di maggiore produttività, tema caldo specie per le imprese italiane, come evidenziato da Istat.

Nel report ICT 2024, sale infatti la quota di imprese con investimenti programmati in tecnologie cloud nel biennio 2025-26 (29% vs 26% quelle che lo hanno fatto tra il 2021 e il 2024); trend simile anche per le tecnologie di supporto alla vendita online (22% vs 15%).

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A impattare positivamente sul mercato del Digital Asset Management, inoltre, è l’adozione sempre più capillare di tecnologie di intelligenza artificiale e, in particolare, di quella generativa, di testi ma anche di foto, video, audio.

Trend che segnerà un innegabile incremento di asset digitali in circolo, nel web e all’interno delle organizzazioni; in particolare, come conferma McKinsey, proprio nei team più coinvolti nei processi di Digital Asset Management: Marketing, Sales, Product Development e IT.

Perché andare oltre il DAM con un PXM

Le aziende più virtuose stanno andando addirittura oltre il Digital Asset Management.

Un DAM software, come detto, si focalizza sugli asset digitali, adottando quindi un punto di vista interno all’organizzazione. Qualcosa di simile a quanto fatto dai tool di Product Information Management, in cui il focus è relativo ai dati di prodotto.

Si tratta di una visione efficace, senza dubbio, ma parziale.

Da un po’ di tempo a questa parte, non a caso, il punto di vista si sta spostando verso l’esterno delle organizzazioni, verso il cliente e, in particolare verso l’esperienza di prodotto.

Come? Con le soluzioni di Product eXperience Management (PXM software), le quali combinano funzionalità DAM e PIM, moltiplicando i benefici per l’azienda e riducendo i costi IT, grazie a una semplificazione dello stack di software dell’azienda.

Alcune funzionalità chiave di un software PXM

Oltre a funzionalità di Digital Asset Management della sezione Media Library, SeeCommerce è un PXM software perché sposta il focus dal singolo contenuto (o dato) verso i cataloghi e l’interazione con gli utenti web (siti, e-shop, marketplace).

Nel concreto, i dati di un prodotto e tutti i contenuti multimediali che lo rappresentano convergono in un’unica soluzione, azzerando silos e costi per integrare DAM e PIM. 

 

In particolare, sono numerose le funzionalità che consentono di andare oltre un archivio centralizzato di contenuti multimediali del classico software di Digital Asset Management.
Eccone alcune:

  • Associazione prodotto-contenuti e Product Content Syndication.
    I contenuti sono automaticamente correlati ai dati dei prodotti che rappresentano, così la pubblicazione e l’aggiornamento di cataloghi e schede prodotto sono istantanee (e ad altissime prestazioni, grazie alla Content Delivery Network)

 

  • Dynamic Asset Transformation.
    Un software PXM adatta dinamicamente ogni contenuto multimediale, in base ad esempio a formato, dimensioni, colore di sfondo richiesti dai singoli canali web, abbattendo il lavoro di ottimizzazione manuale e garantendo una CX di prestigio

 

  • Condivisioni a partner.
    Non solo i touchpoint B2C beneficiano di un approccio di tipo PXM, ma anche i partner B2B e, in generale, gli stakeholder interni ed esterni all’organizzazione. Come? Con varie funzionalità, una su tutte è Brand Portal.

Campagnolo and SeeCommerce Success Case

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Passaporto Digitale dei Prodotti: le nuove regole UE

Passaporto Digitale dei Prodotti: le nuove regole UE

Passaporto Digitale dei Prodotti: le nuove regole UE

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Da qui al 2030 entrerà in vigore il Regolamento UE ESPR il quale, tra le varie misure, include il Passaporto Digitale dei Prodotti (o DPP).

Cos’è il Digital Product Passport? Quali settori riguarda? Quali impatti porterà con sé? In questo articolo facciamo il punto della situazione. 

Passaporto Digitale dei Prodotti: cos’è il DPP

Il Passaporto Digitale dei Prodotti è un registro digitale contenente una serie di informazioni relative alla catena del valore di un articolo.

A breve, le aziende europee dovranno accompagnare ogni prodotto con un dettagliato elenco di dati relativi al suo ciclo di vita, dalla produzione al riciclaggio, passando per la riparabilità e lo smaltimento

Digital Product Passport: come funziona?

La fruizione dei DPP sarà più chiara dal momento in cui vedranno la loro piena applicazione ma è probabile che per accedere al passaporto digitale di un prodotto si sfrutteranno standard già presenti nel mercato come i codici QR.  

Una volta scannerizzato, il codice restituirà al consumatore un insieme di dati di dettaglio relativi a materiali, composizione, ciclo produttivo, variabili da settore a settore. 

A cosa serve il Passaporto Digitale dei Prodotti

Per comprendere lo scopo del passaporto digitale prodotto va detto che è parte del regolamento ESPR, approvato nella primavera 2024.

ESPR sta per Ecodesign for Sustainable Product Regulation, regolamento che si colloca nell’ambito del Green Deal, pacchetto di iniziative UE per ridurre di almeno il 55% le emissioni entro il 2030.

Il focus di ESPR è estendere la progettazione ecocompatibile alla maggior parte dei prodotti presenti sul mercato UE per ridurre l’impatto ambientale del loro ciclo di vita, come già oggi avviene per gli elettrodomestici.

ESPR, inoltre, introduce nuovi requisiti e standard in merito a durabilità, riparabilità, efficienza energetica e riciclaggio degli articoli, al fine di contrastare l’obsolescenza programmata e favorire la circolarità.

In questo contesto, il Passaporto Digitale dei Prodotti fungerà da punto di riferimento informativo:

  • per le aziende, che disporranno di una leva di trasparenza oggettiva e concreta
  • per i consumatori, che potranno operare scelte più consapevoli e verdi
  • per le autorità – che ricevendo i dati per esporli nei propri portali – saranno facilitate nei controlli e aumenteranno la fiducia dei consumatori.

… ok ma la concorrenza?

In effetti, nel libero mercato, i doveri di trasparenza delle aziende possono collidere con la tutela della concorrenza.

L’ampia portata informativa del DPP, potrebbe compromettere la riservatezza di dati strategici, come quelli relativi ai flussi di produzione e approvvigionamento.

Per questo motivo, il Legislatore ha chiarito che di tutte le informazioni inserite nel DPP solo una parte saranno accessibili ai consumatori, mentre altre lo saranno solo da soggetti con “un interesse legittimo”, stabiliti dal Regolamento stesso o dalla Commissione.

Passaporto Digitale dei prodotti esempi di dati e informazioni

Quando sarà obbligatorio il Digital Product Passport?

Prima dell’entrata in vigore dei DPP sono previsti almeno due passaggi:

  • la Commissione Europea presenterà, nel 2025, un piano di lavoro triennale, stabilendo le tipologie di prodotti coinvolte dal regolamento
  • definite le tipologie di prodotti, per ciascuna di esse verrà realizzato un atto delegato, che sancirà a quali dati dovrà attenersi ogni settore

In generale, diventerà obbligatorio dal 2027 per gran parte dei comparti produttivi, anche se non mancano le eccezioni.

Passaporto digitale dei prodotti: si parte dalle batterie

Da una prima analisi della Commissione Europea, le categorie di prodotti interessate per prime dalla novità Digital Product Passport parevano essere: batterie, tessile, elettronica ed edilizia.

Ad oggi, per una di esse, l’obbligo è già fissato.

Dal 1° febbraio 2027, infatti, le aziende di batterie dei veicoli elettrici dovranno prevedere – per ogni articolo di capacità maggiore di 2kWh – un DPP con informazioni su durabilità, prestazioni e impatto sulla CO2.

L’UE ha istituito un registro elettronico unico delle batterie, nel quale convergeranno i vari passaporti digitali dei prodotti, per finalità di vigilanza.

Quali saranno i prossimi settori obbligati al passaporto digitale dei prodotti?

Un nuovo studio della Comissione Europea realizzato a fine 2024 dal Joint Research Centre, ha individuato le prossime categorie merceologiche per le quali è probabile scatterà l’obbligo del passaporto digitale prodotto:

  • tra i prodotti finali: abbigliamento, tessile e calzature, mobili, pneumatici, prodotti per la cura e l’igiene personale e della casa, cosmetici, giocattoli, vernici, materassi;
  • tra i semilavorati: prodotti chimici di base, ferro, acciaio, plastica e polimeri, vetro, pasta di legno e carta.

In generale, è probabile che il Digital Product Passport – proprio per i suoi obiettivi di capillarità – verrà esteso a qualsiasi altro settore merceologico, con poche esclusioni (che pare riguarderanno articoli alimentari, mangimi, veicoli e farmaci).

Su quale tecnologia si baserà il Digital Product Passport?

I rumors sono concordi nel ritenere che la tecnologia che consentirà l’affermazione del DPP sarà la blockchain, nota per offrire un’infrastruttura digitale che garantisce sicurezza, trasparenza e immutabilità di ogni record immesso dai vari attori di una catena informativa.

A proposito, il passaporto digitale nella moda di lusso esiste già

Il Fashion, in particolare quello che occupa la fascia più alta del mercato, è da sempre precursore delle evoluzioni digitali di maggior rilievo. 

Non sorprende che anche in questo frangente si sia mosso in anticipo, attraverso un consorzio e un progetto ad adesione volontaria denominato Aura Blockchain.

La piattaforma, sviluppata da colossi del calibro di LVMH, OTB, Cartier e Gruppo Prada, offre una tracciabilità che mette al riparo i consumatori da contraffazioni.

Tod’s, ad esempio, ha inserito nelle sue Di Bag un tag NFC (Non-Fungible Token) che sfrutta la blockchain del progetto Aura per restituire al cliente – che scansiona col suo smartphone – dati che attestano l’autenticità e la provenienza dei materiali della borsa.

Tods passaporto digitale dei prodotti nfc

Il 49% dei consumatori sa già che cos’è il passaporto digitale del prodotto

Proprio il fashion risulta essere il settore i cui consumatori sono più pronti.

Una ricerca riportata da Forbes evidenzia come metà dei clienti del settore conosca il Digital Product Passport, i quali lo ritengono uno strumento utile di attestazione di autenticità del marchio (56%).

DPP: alle aziende serviranno software ad hoc?

La gestione del DPP è strettamente connessa a quella delle informazioni di prodotto e, in particolare, alla loro centralizzazione, arricchimento e distribuzione.

In vista del nuovo obbligo, è evidente che le aziende destrutturate dal punto di vista del Product Information Management potranno cogliere la palla al balzo per dotarsi di software PIM – o meglio ancora – di software PXM.

Le aziende che invece hanno già intrapreso percorsi di digitali del genere, dovranno accertarsi che i tool in uso supportino la gestione e la propagazione dei dati dei DPP

La nostra piattaforma, ad esempio, è SaaS, offre un data model iper-flessibile e, grazie alle API, distribuisce contenuti (dati e media) di prodotto su qualsiasi canale. Caratteristiche fondamentali per ottemperare ai futuri obblighi del DPP.

Da obbligo normativo a opportunità di business

I DPP sono molto più che un obbligo normativo. 

I Passaporti Digitali di Prodotto, infatti, possono essere uno strumento utile per condividere informazioni e documenti che arricchiscono l’esperienza di prodotto, attraverso attestazioni certificate di autenticità di qualità di un brand.

Si tratta inoltre di uno strumento democratico per promuovere azioni di sostenibilità, perché i dati viaggiano su un circuito garantito da terzi, rendendo più facile individuare fenomeni di greenwashing

Ultimo ma non meno importante, può favorire la vendita di servizi o prodotti aggiuntivi quali la riparazione, lo smaltimento, articoli per la manutenzione e la riparazione.

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Product eXperience Management: cos’è il PXM?

Product eXperience Management: cos’è il PXM?

Product eXperience Management: cos’è il PXM?

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Nelle prossime righe approfondiremo il concetto di Product eXperience Management; scioglieremo l’acronimo PXM, spiegando cosa si intende per Product eXperience e quali sono i software migliori per la gestione dell’esperienza prodotto.

Cosa significa Product eXperience?

Il termine Product eXperience (PX) è una nicchia del più ampio concetto di User eXperience (UX).

Mentre quest’ultima comprende la galassia di relazioni di un utente con l’intera organizzazione (prodotti, processi, persone, brand), la Product eXperience si focalizza sulle interazioni di prodotto dei clienti lungo il Customer Journey.

Cosa si intende per Product eXperience Management

Con PXM, acronimo di Product eXperience Management, ci si riferisce alla gestione dell’esperienza prodotto, cioè l’insieme di attività atte a rendere l’esperienza cliente (customer experience):

  • completa: ricca cioè di dettagli necessari alla valutazione e all’acquisto
  • consistente: coerente su qualsiasi touchpoint, in ottica omnicanale
  • ingaggiante: dinamica, in grado di coinvologere ogni utente.
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Secondo Forrester, una CX di qualità moltiplica di 7 volte la fedeltà alla marca e funge da volano per il passaparola positivo (Word of Mouth in gergo), il quale stando a Nielsen nel 92% dei casi impatta positivamente nella propensione all’acquisto dei nuovi clienti.

A proposito di esperienza web, inoltre, va segnalato che il 2025 sarà un anno caldo anche sul fronte accessibilità, con l’entrata in vigore dell’European Accessibility Act.

La gestione dell’esperienza prodotto nell’era dell’omnicanalità

Fino a qualche tempo fa, quando un potenziale cliente si sarebbe potuto accontentare di trovare un prodotto online, software come DAM e PIM sarebbero potuti bastare.

Rispettivamente Digital Asset Management e Product Information Management, questi software centralizzano e distribuiscono media e informazioni di prodotto. 

Tuttavia, in un contesto omnicanale, in cui fisico e digitale si intrecciano senza sosta, agli utenti non bastano brand presenti, ma si aspettano coerenza, coinvolgimento e personalizzazione.

Ecco che alle più tradizionali attenzioni dei retailer verso l’esperienza in store – come le strategie di visual merchandising e i progetti di percorsi in negozio – si aggiungono aspetti quali la qualità di PDP e PLP di e-commerce e marketplace o la condivisione rapida di cataloghi prodotti digitali B2B.

In altre parole, tool come DAM e PIM che pubblicano dati o foto non bastano più.  

I software PXM: tool di Product eXperience Management 

I software PXM garantiscono il controllo omnicanale della CX, andando oltre DAM e PIM.

Essi, infatti, permettono di governare asset digitali e informazioni di prodotto da un unico tool e, soprattutto, spostano il focus dai processi dell’azienda (come fanno DAM e PIM con la creazione e pubblicazione di media e dati) al cliente (concentrandosi sulla qualità dell’esperienza tout-court).

Concretamente, un software di Product eXperience Management agisce su tre fronti:

  • data and media centralization: le informazioni e i contenuti multimediali di prodotto (ma anche di brand) convergono in un’unica piattaforma, in cui vengono associati tra loro in automatico;
  • product content syndication: i cataloghi digitali e le schede prodotto vengono aggiornate in tempo reale in modalità omnicanale;
  • catalogs and PDP experience: oltre alla pubblicazione, le schede prodotto sono arricchite da formati interattivi (es. 3D), girano alle massime performance (anche in caso di picchi di traffico) e viene ottimizzata in modo dinamico l’esperienza di ogni utente in base al canale in cui si trova.

Digital Shelf Optimization: benefici del PXM per il B2C

In ottica B2C, un software di Product eXperience Management opera la cosiddetta Digital Shelf Optimization, ovvero l’ottimizzazione di vetrine e scaffali web del brand.

Tra i benefici in chiave business-to-consumer che un PXM software garantisce ai brand vi sono:

  • migliore posizionamento SEO: grazie alla ricchezza di informazioni (anche multi-lingua) e all’ottimizzazione dei media che rendono più leggere le pagine web
  • riduzione dei resi: maggiori dettagli minimizzano le possibilità di acquisti errati
  • time to market: si accelerano tutti i flussi di creazione, organizzazione e pubblicazione 
  • brand consistency: perché un PXM aggiorna ogni canale web all’istante e in modo capillare, senza data entry manuale e i possibili errori che possono derivarne.

Campagnolo and SeeCommerce Success Case

Store, dealer e sales: benefici del PXM per il B2B

Una soluzione di Product eXperience Management favorisce anche l’esperienza dei clienti B2B.

In primis, grazie alla centralizzazione dei contenuti relativi ai prodotti, gli agenti sales dispongono di una fonte di verità unica, aggiornata in tempo reale e costantemente allineata alle informazioni condivise dagli altri team, come ad esempio marketing e prodotto.

Campagnolo ECommerce PIM and PXM

In questo modo, la relazione tra agente di vendita e cliente B2B diventa più rapida ed efficace.

Inoltre, specie se in grado di supportare la creazione di Brand Portal personalizzati, un software PXM può rendere ancora più agile e di valore l’esperienza di altri partner, come i distributori B2B.

Con i portali di brand, infatti, si offre anche un accesso esterno sicuro e costante al patrimonio di dati e media di prodotto, rendendo prive di interruzioni le iniziative promozionali di ogni stakeholder. 

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